La settimana scorsa come abbiamo visto (e intendo proprio visto di persona!), si sono svolte due delle conferenze per sviluppatori più importanti dell’anno, con Microsoft e Google ad annunciare le novità per il 2019/2020. Al di là degli annunci, pur interessanti, come sempre il maggiore interesse ricopre quello che in questi eventi si può “respirare”, e che spesso dà il trend a tutta l’industria informatica per gli anni a venire.
Il Microsoft Build di Seattle non riserva grosse sorprese nel sancire la solidità del matrimonio tra il colosso di Redmond e il Cloud: i conti sono in netta crescita, e una fetta della torta sempre più grande è costituita dal cloud. Un’impressionante crescita del 73% di Azure “guida” altrettanto corposi guadagni da parte di Linkedin (+27%) e Dynamics (+13%), mentre il settore Office (+12%) è trainato dai 34,2 milioni di utenti (paganti) del servizio online Office365. Perfino nello stagnante settore dei PC, i prodotti commerciali e cloud relativi a Windows hanno guadagnato il 18%, con una crescita delle installazioni OEM del 9%.
Sono numeri piuttosto impressionanti e non possono che indirizzare la strategia di Redmond per il futuro. Non vengono dal nulla comunque: negli ultimi anni Microsoft si è mossa molto bene nel creare ecosistema, sia direttamente (con promozioni) sia attraverso una attiva rete di partner. È sempre più semplice provare ed usare Azure, che a nostro parere rimane una delle soluzioni cloud più complete ma soprattutto più semplici da approcciare.
Gli annunci vanno di sicuro in questa direzione: un’attenzione quasi spasmodica ai servizi cognitivi per bot – di sicuro interessantissimi per i nostri clienti (leggi anche questo articolo: perchè dotare di chatbot il tuo e-commerce B2B?); la solita, gradita evoluzione dei tool di sviluppo (Visual Studio Code in particolare è davvero una ventata di freschezza nel panorama degli IDE degli ultimi tempi); e soprattutto, un nuovo approccio all’integrazione di Linux in Windows, che permetterà finalmente un Docker “quasi-nativo” per Windows. Questo era l’unico grosso tassello che mancava a Windows per essere una soluzione ideale per sviluppo e deploy, nel cloud e fuori.
Niente di esaltante per il “nuovo” Android Q, ma diverse gradite evoluzioni: le nuove gesture correggono uno dei principali “pain point” di Android P, e l’attenzione alla privacy e all’usabilità degli aspetti relativi alla privacy è sempre maggiore: più di 50 nuove feature hanno visto la luce. E se la “morte” di Nest, come azienda stand-alone ed ecosistema (sostituita da prodotti ed ecosistemi brandizzati direttamente da Google) lascerà qualcuno a piedi, di certo le evoluzioni del Google Assistant – e dei nuovi prodotti che sono stati annunciati per il settore home – serviranno ad addolcire la pillola. Il potenziale per avere comandi vocali intelligenti all’interno di Android, con evidenti benefici anche per le nostre applicazioni business-oriented, c’è tutto. Senza contare il migliorato Google Lens, servizio di riconoscimento di immagini (“inquadra un prodotto e ti dirò tutto di lui”) la cui integrazione potrebbe diventare davvero interessante per i nostri servizi.
Tutto ciò sarebbe ben poco se non fosse supportato da una vibrante community di sviluppo: Google è come sempre intenzionato a fare di tutto per semplificarci la vita. Di Tensorflow – il principale tool per l’intelligenza artificiale, che Google controlla e concede come open source e free software, e su cui struttura molti dei suoi servizi commerciali – si sa già; ma ci delizia che Kotlin (che usiamo ben volentieri) è ora la “preferred way” di sviluppare in Android, e guardiamo con interesse a Fuchsia, il nuovo sistema operativo sviluppato in house.
Dopo anni di “segretezza in cui si sapeva tutto”, Google ha concesso qualche indizio in più – pur se sotto forma di una singola menzione, su cui però la stampa specializzata si è concentrata. Fuchsia non ha come obiettivo (solo?) la sostituzione di android; potenzialmente mira a essere “dentro” ogni tipo di dispositivo. Google lo ritiene ancora un progetto sperimentale per vedere “dove si può spingere”; ma nel mondo dei sistemi operativi in cui Windows e MacOS/iOS sono ormai insediati nei loro – pur molto ampi e redditizi – settori, con Linux a coprire ogni altro caso d’uso dall’iOT ai server ad Android, questo annuncio apre potenziali scenari nuovi e interessanti per un panorama tecnologico che in futuro sarà tutto da esplorare.
Insomma, qui la parola d’ordine, ribadisco, è consumerization: se da un lato si rendono accessibili agli utenti “comuni” nuovi modi di interagire con la realtà (le nuove interfacce di realtà aumentata per Google Maps sono davvero impressionanti!), dall’altro questo si può riflettere – e senza dubbio lo farà – sui prodotti business, sempre più intelligenti e soprattutto utili.
Il nostro è un settore interessantissimo davvero: prima ancora che al futuro, possiamo guardare a un presente che è in continuo cambiamento. Restare sulla “cresta dell’onda” è praticamente impossibile, ma saper prendere le innovazioni migliori e integrarle nel modo corretto, che dia vero valore, è la sfida con cui ci confrontiamo ogni giorno. Ed è una sfida dal potenziale immenso!
Germano