Sono le parole di Yuval Harari, il pensatore contemporaneo che più ammiro, che mi inducono a una riflessione su come prepararci al nostro domani. Ho quattro bambine piccole, comprese tra i quattro e i nove anni e il mio pensiero va spesso al loro futuro, insieme a quello del loro “quinto fratellone” ultra trentenne che si chiama Aton
Potrà esserci tra di loro una convergenza parallela, ossimoro che la leggenda attribuisce ad Aldo Moro e al compromesso storico? Tradotto, saranno forse loro a condurre Aton verso la seconda metà del secolo? Mancano ancora molti anni ma comunque ci credo poco. Lo ritengo un evento probabile come lo è la nascita di un cigno nero. Assumere le redini di un’azienda per via genealogica è sempre più difficile e pericoloso, sia per la salute dei figli che per quella dell’azienda.
Le imprese, come le persone, per avere successo debbono essere capaci soprattutto di trasformarsi continuamente, di adattarsi a scenari in costante mutazione, di trovare la via dentro labirinti sempre più tortuosi e difficili da interpretare. La rendita da posizione acquisita dura un lampo, soprattutto nei mercati più aperti e competitivi come quello in cui opera Aton. O vinci o perdi, il pareggio in difesa non è contemplato
Il futuro dei nostri figli è altrettanto incerto, questa è l’unica certezza. E se l’incerto è una costante, non possiamo che accettarlo preparandoci ad affrontarlo nel modo migliore. Non servono muri, fisici o virtuali, non servono campane protettive, non serve accumulare risorse materiali come scorta, tutt’altro. Dobbiamo sin dall’inizio metterli nelle condizioni di affrontare a testa alta la crescente diversità di un mondo che ancora non conosciamo, ma che possiamo appena immaginare in un’ anteprima a breve, brevissimo raggio
L’intelligenza artificiale, le biotecnologie, le conoscenze scientifiche ci stanno portando molto rapidamente al futuro. Oggi muoiono di fame la metà delle persone rispetto a quelle che soccombono per malattie indotte da eccessi alimentari. Le vittime da incidenti stradali sono doppie rispetto a quelle da morte violenta, sono molto più frequenti i suicidi degli omicidi. Stanno quasi scomparendo le epidemie e la mortalità neonatale. Se pensiamo a solo cinquanta o cento anni fa il cambiamento dei rischi per il genere umano è stato impressionante, ma le nostre preoccupazioni sono ancorate alle obsolete paure dei nostri avi: le malattie, la fame, il ladro, lo straniero invasore. Pochi si preoccupano di cosa davvero serve nel XXI secolo, come conoscere a fondo se stessi, saper distinguere i propri bisogni e i propri desideri, migliorarsi tutti i giorni, gestire bene le relazioni con gli altri
Ieri la nostra vita era decisa dalle regole del pater familias, del Papa, del Re o dello Stato. La società era molto rigida e stratificata, senza mobilità. Salvo eccezioni non c’era scampo, si nasceva e si moriva nella stessa classe di appartenenza
Oggi pratichiamo la religione che ci convince di più, oppure scegliamo una vita laica. Votiamo liberamente i rappresentanti che preferiamo. Possiamo scegliere il lavoro e cambiarlo se non ci piace. L’ autorità assoluta dei genitori è sostituita da concetti pedagogici sempre più aperti e dialogici
Siamo pronti a convivere con l’inarrestabile progresso di questi trend?
Gli italiani hanno una particolare caratteristica che sinora ci è costata cara ma che potrebbe diventare la chiave per ribaltare i nostri handicap. L’eredità della nostra storia e dei millenni di arte sublime ci ha reso tra i popoli più indisciplinati, creativi, geniali ed è indiscutibile che tutto il mondo invidia il nostro stile di vita
Dobbiamo però trovare il modo per sviluppare e indirizzare bene questi talenti per avere successo nel caos globale. Questa è la prima responsabilità dei nostri leader, siano essi a esempio imprenditori, manager, genitori o insegnanti. Ma quanti sono gli educatori che stanno allenando con lungimiranza i nostri figli al futuro? E’ ancora così importante il nozionismo quando tutto è a disposizione on line sul nostro cellulare? E’ proprio necessario stare cinque ore seduti sul proprio banchetto in rigoroso secolare schema didattico d’aula? Mah…. Sono convinto, come sostiene Harari, che la scuola attuale non sviluppi le competenze strategiche per il futuro. Possiamo però farlo noi, compensando questa lacuna con l’educazione famigliare, gli interessi extra scolastici, la cultura aziendale al lavoro
Faccio un esempio. Al momento della selezione per una nuova assunzione vengono prima le persone e i loro soft skill e poi le loro competenze tecniche. Meglio chi impara velocemente rispetto a chi sa già, chi ha la mente aperta rispetto a chi ha un QI alto, chi sa gestire bene le proprie emozioni, chi legge, ascolta, si mette in discussione per migliorarsi sempre, sa lavorare in team, è diverso e sa offrire il vantaggio della sua differenza. Serve poi coltivare tutti i giorni questi valori con l’esempio e lo stimolo per incoraggiare la rottura degli schemi, la capacità di adattamento, l’uso della fantasia, il mai dire mai, la comprensione dell’opportunità che c’è sempre dietro ogni apparente sfiga
Non si stava meglio quando si stava peggio. Oggi si può stare molto bene e si deve stare sempre meglio, sfruttando le infinite risorse disponibili. Serve averlo chiaro in testa e affrontare la vita con il giusto mind set. Il mio impegno su questo tema è molto forte, con l’obiettivo che l’ approccio liquido e positivo verso i cambiamenti e le diversità sia condiviso sia dalle mie bambine nella loro maturazione, che da Aton nella crescita del suo business.